Il significato di Tripofobia

Il significato di Tripofobia

Che cos’è la tripofobia? La tripofobia è un’avversione o senso di repulsione nei confronti di quelle immagini che hanno schemi ripetitivi o gruppi di piccoli fori. 

È tanto più probabile che una persona abbia una reazione avversa ad un oggetto o ad un’immagine che presenta lo schema dei fori quanto più si avvicina ad esso. Le immagini più frequenti che sono in grado di scatenare la tripofobia possono includere:

  • il baccello del fiore di loto o i girasoli,
  • spugne,
  • bolle di sapone,
  • pane con semi,
  • formaggio con buchi o cioccolato areato,
  • frutta con piccoli semi come fragole, lamponi, papaia e kiwi,
  • insetti e api, lucertole, rane e altri rettili, così come la pelle di serpente.

In quest’ultimo caso a indurre il senso di repulsione è più l’idea che questi animali o insetti fuoriescono da tane o dall’alveare e quindi richiamano l’immagine dei buchi.

Diffusione della tripofobia

La tripofobia è una patologia molto diffusa anche se non è ancora riconosciuta ufficialmente come disturbo e pertanto risulta difficile sia diagnosticarla che quantificare quante persone siano realmente affette da questa patologia.

Alcuni studi suggeriscono che circa una persona su sei presenta un certo grado di tripofobia. Online, anche in Italia, sono sempre di più gli utenti che ne parlano e condividono la propria esperienza: si veda ad esempio questo blog interamente dedicato alla tripofobia. 

Sembrerebbe che siano le donne ad esserne maggiormente affette rispetto al genere maschile e che si sia più inclini a manifestare tripofobia se si soffre di altre patologie come ansia, depressione o disturbo ossessivo-compulsivo.

È un disturbo individuato per la prima volta nel 2005, ma da allora sempre più persone hanno assunto consapevolezza di questa condizione che li affligge, soprattutto dopo le prime notizie sui media che riportavano casi di persone che manifestavano attacchi d’ansia o repulsione a causa dell’esposizione a quei pattern visivi scatenati la fobia.

Grande importanza per la diffusione dell’esistenza della tripofobia tra le persone comuni fu un episodio del programma televisivo “American Horror Story: Cult” dove si presentava un personaggio che soffriva di tripofobia. Durante la puntata venivano mostrate immagini “trigger” che indussero alcuni spettatori ad una maggiore presa di coscienza della propria fobia.

Cause e sintomi

Essendo, come detto, un disturbo relativamente recente e ancora non ufficialmente riconosciuto, sono pochi gli studi a riguardo.
Per il momento gli esperti non hanno una teoria certa sulle cause della tripofobia.
Alcuni ritengono che il cervello associ la visione di questi fori ad un pericolo, come reminiscenza di epoche passate, quando da buchi nel terreno potevano fuoriuscire serpenti o tarantole.
Un’altra teoria riguarda invece l’associazione di queste immagini a malattie della pelle o eruzioni cutanee a cui alcuni soggetti, magari anche affetti da ipocondria, risultano particolarmente sensibili.

Un’altra ipotesi ancora è che il cervello usi più energia e ossigeno per elaborare gli schemi con i fori, innescando poi questa sensazione di angoscia. Negli anni si è supposto che la tripofobia possa essere anche una caratteristica del disturbo ossessivo-compulsivo (DOC).

I sintomi che le persone esposte ad episodi tripofobici manifestano sono:

  •  brividi
  • senso di disgusto o addirittura di terrore
  • secchezza delle fauci o senso di soffocamento
  • pallore
  • intensa sudorazione
  • nausea
  • tremori

Soggetti che soffrono di tripofobia nel lungo periodo potrebbero essere soggetti ad episodi depressivi, aumento dello stress e dell’irritabilità, insonnia o difficoltà a dormire e trovarsi a dover affrontare veri e propri attacchi di panico.

Diagnosi

Come viene diagnosticata la tripofobia? Come detto, la tripofobia non è ancora riconosciuta come disturbo psichico e quindi non risulta inserita nel Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM).
Pertanto non esistono ad oggi criteri stabiliti per diagnosticare questa condizione ritenuta da alcuni non debilitante e forse per questo non inserita nel DSM. 

Esiste, tuttavia, un test (esclusivamente a scopo di ricerca) che si può effettuare online e aiuta a capire se si è affetti da questa fobia o meno. Il test è assolutamente anonimo e si svolge facendo visualizzare all’individuo una serie di immagini per qualche secondo. Alcune immagini presentano il classico pattern evocativo degli stimoli tripofobici, mentre altre sono immagini neutre.

Al termine della visione, il test chiede di stimare per quanto tempo si è riusciti a visualizzare ciascuna immagine e in seguito in base al rapporto tra il tempo di visione delle immagini tripofobiche e quelle non-tripofobiche fornisce un risultato. Un valore del rapporto superiore a due può indicare tripofobia.

Esiste una cura per la tripofobia?

Se la tripofobia diventa invalidante al punto tale da influenzare la vita quotidiana, è il momento di rivolgersi al proprio medico di base e individuare il trattamento migliore per sé stessi.

E’ possibile sottoporsi, ad esempio, alla terapia dell’esposizione durante la quale il soggetto viene gradualmente posto davanti ai fattori scatenanti la tripofobia, con lo scopo di aiutarlo a gestire le proprie reazioni. 

Durante la terapia, vengono insegnate delle tecniche di respirazione e di rilassamento da utilizzare prima e durante le esposizioni; vengono mostrate delle immagini sempre più grandi e si arriva anche a toccare o tenere in mano qualche oggetto che presenti i motivi forati che inducono la fobia.

Questo tipo di psicoterapia è risultato efficace in nove persone su dieci che hanno così superato i propri specifici disturbi fobici. Un altro tipo di trattamento potrebbe essere la terapia cognitivo comportamentale (CBT). Questa terapia aiuta a cambiare le proprie percezioni e le risposte soggettive davanti a quelle situazioni che scatenano la tripofobia. In alcuni casi e per brevi periodi potrebbero anche essere prescritti dei farmaci ansiolitici in grado di aiutare l’individuo a rilassarsi e fronteggiare situazioni con stimoli particolari.